Quando un’interprete è anche madre di 3 fa e sa molte cose.
Ad esempio, sa benissimo che stendere i panni mentre le figlie grandi guardano la TV e la piccola svuota un portapenne un pennarello alla volta e quindi non richiede la sua attenzione, è più catartico di 20 minuti a occhi chiusi stesa in un bagno turco. Poi magari si ritrova la figlia piccola con la lingua completamente verde perché ha pensato bene di asseggiare un pennarello, ma questo è un altro capitolo.
Stendere i calzini vicini per coppia (se uno dei due non è già passato a miglior vita, come nel 90 % dei casi), trovare l’incastro perfetto del pantaloncino da calcio e della t-shirt per ottimizzare lo spazio disponibile sullo stendino è un gesto purificatore, sacro, che nasconde in sé il germe dell’infinito equilibrio di cui tutti gli esseri umani sono alla perpetua ricerca.
L’interprete madre sa anche molto bene che sopravviverà alla telefonata di lavoro che sta cercando di fare chiusa in bagno mentre figlia numero 1 e numero 2 giocano allo scalpo in salotto urlando come moicane in guerra e la figlia numero 3 che ha appena imparato a camminare sta zampettando da una stanza all’altra alla ricerca disperata della madre scomparsa – poiché chiusa nel suddetto bagno – blaterando sillabe a caso.
Sa benissimo che il pdf con la descrizione in tedesco dell’impianto di aspirazione del 12 cilindri che sta studiando per l’indomani non vincerà la guerra per l’attenzione contro il pannolino pieno imbottito e profumato della figlia gattonante.
Quando arriva l’ora di cena, la madre-interprete sa cucinare rigorosamente con una mano sola, perché la sinistra è impegnata a tenere figlia numero 3, che essendo disperatamente affamata, piange a dirotto. Questo in genere è l’orario in cui i neuroni della madre-interprete alzano bandiera bianca e si rendono disponibili a malapena per la storiella della buonanotte, poi collassano.
A questo punto è ormai troppo tardi per fare qualsiasi cosa diversa dal lavarsi i denti e mettersi il pigiama, ed è allora che prega la protettrice delle madri interpreti, Sant’Esperta, perché domani le dia una giornata di trasferta. In trasferta sì che si produrrà. Oh sì, ci potete giurare. E a fine pomeriggio si fermerà in qualche bar con wi-fi chiedendo asilo politico anche dopo l’orario ufficiale di lavoro per poter sbrigare le ultime due faccende lavorative in sospeso, perché sai che se rientrerà a casa non potrà nemmeno accennare una sinapsi che le faccia pensare di accendere il computer.
Però, sapete una cosa? sa anche che non farebbe mai a cambio con un altra vita. Succede che si invidiano alcuni aspetti della vita altrui, ma in fondo, forse, quella che si ha è la migliore che si possa desiderare.
O no?
“La cosa bella è che cambia la vita.
La cosa brutta è che cambia la vita!”
Questa massima su cosa significa diventare madre mi è venuta spontanea durante la mia breve intervista per il progetto “maternità libera scelta” di cui ho fatto parte tramite ACTA.
Eh già, è nata così: mentre stavo navigando, in un bel giorno di primavera, leggo questo invito a dare un contributo parlando della propria esperienza per un progetto su maternità e lavoro, nel mio caso in particolare maternità e libera professione. Figuriamoci, pane per i miei denti! ho subito inoltrato il mio contatto per dare disponibilità e mi sono ritrovata una mattina davanti a Skype a rispondere alle domande di Sofia Sabatino. E l’ho fatto in una tipica mattina da freelance, quando stavo lavorando da casa, scarmigliata e struccata (ho fatto in tempo solo ad andare in bagno a mettermi un po’ di rossetto, provare a buttarmi la frangia da qualche parte e controllare che la maglietta – rigorosamente nera – che indossavo non fosse impataccata di bava di bambina). Quindi nei video mi potete vedere in tutto il mio degrado, la mia spontaneità e il mio rossore, perché, nonostante di lavoro faccia l’interprete e sia abituata ad espormi al pubblico, in fondo in fondo sono un po’ camera-shy, per dirla in inglese (…mi vergognavo come una ladra, per dirla all’italiana, ma tant’è).
Ecco qua i link alle 5 video-interviste prodotte nell’ambito del progetto:
A me è piaciuto molto il risultato finale e spero vivamente che sia servito a qualcosa.
Si parla di argomenti importanti, quali welfare, suddivisione delle responsabilità, conciliazione vita/lavoro…solo per citarne alcuni.
Cosa ne pensate, care amiche, colleghe, lettrici?
Fatemi sapere nei commenti o nei social e se non avete ancora messo il like alla mia pagina FB magari potete farlo adesso!
S.